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La notizia è stata riportata dal Gazzettino di Pordenone: Dormivano in stazione fino a quando alcuni volontari di un vicino banchetto non si sono interessati della vicenda. Alessandra, 30 anni, di Pasiano e Roxana, 18, di San Vendemiano, sono due giovani donne che si amano, ma che in seguito a un rapporto burrascoso con le rispettive famiglie, sono finite sulla strada. Da luglio non hanno una dimora. Prima dormivano in macchina davanti al Tennis club, vicino allo stadio Bottecchia, aiutate da alcuni residenti rimasti colpiti dalla loro storia.

Poi non hanno avuto più a disposizione nemmeno l’auto e hanno cercato riparo in stazione. È lì che Alessandro Pisu, del Movimento 9 dicembre libero, le ha rintracciate. «Dopo averle incontrate – spiega – abbiamo deciso di sostenerle». È per questo che è stata lanciata una colletta che consenta di raccogliere i soldi necessari per anticipare la caparra che un’agenzia immobiliare chiede per affittare un appartamento in via Oberdan a 300 euro al mese. «Una volta risolta l’emergenza abitativa – spiega Pisu – Alessandra sarà in grado di andare a lavorare e Roxana farà un corso di barman».


Del caso sono stati interessati anche i Servizi sociali del Comune di Pordenone. Venerdì scorso le assistenti sociali hanno avuto un colloquio di un’ora e mezza con Alessandra e Roxana. Hanno promesso che interesseranno le colleghe del Comune di Pasiano per tentare un riconciliazione con la famiglia di Alessandra.  

La notizia, purtroppo, conferma quando ancora sia difficile per molte coppie, nell’anno delle unioni civili, poter vivere e affermare il proprio amore. L’azione quotidiana delle strutture di assistenza associative, tra cui anche i Centri Ascolto e Antiviolenza Anddos, testimonia che casi come quello di Roxana e Alessandra sono purtroppo all’ordine del giorno.

Secondo Tullio Bonelli, Psicologo e Responsabile CAA Anddos: “Molte famiglie, ancora, non riescono a liberarsi di fortissimi pregiudizi verso l’omosessualità, convinzioni che arrivano al punto di generare un rifiuto di svolgere la propria funzione educativa. Purtroppo, saranno necessari molti anni affinchè tante famiglie accettino l’acquisizione dei diritti delle persone LGBTI: è necessario rivolgersi anche a loro, senza lasciarle sole, poiché spesso anche chi rifiuta un figlio o una figlia LGBTI vive un grande disagio, frutto in gran parte di una grave assenza di informazioni. Le armi più potenti per velocizzare questo processo sono certamente la presa di posizione delle istituzioni e l’azione educativa e formativa che esse possono esercitare accanto alle realtà associative”.

La redazione

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Fonte: ANDDOS